Era ovvio e scontato che la popolarità di Bitcoin avrebbe ad un certo punto fatto gola ai grandi movimenti di opinione organizzati. Questa volta è Greenpeace a cercare di cavalcare il tema ambientalista, il mining e i suoi impatti, con una campagna della quale avremo modo di parlare anche nelle prossime giornate. 

Si chiama Change the Code, Not the Climate e sarà un movimento di lobby e di opinione per cercare di spostare Bitcoin dalla Proof of Work alla Proof of Stake, cosa della quale si parla ormai da tempo e che per motivi molto solidi non è mai stata presa in considerazione. 

Bitcoin nelle mire di Greenpeace

Motivo di preoccupazione? Niente affatto. Perché Bitcoin ha dimostrato più volte di essere più che capace di resistere a questi assalti e perché anche questo (è la nostra previsione) finirà con un buco nell’acqua. Possiamo investire su Bitcoin con la piattaforma ed affidabile più usata eToro – vai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con tools di CRYPTO AUTO-TRADING – intermediario che ci permette di investire al top anche su altre 59+ criptovalute, per un broker che può essere 1 stop per tutte le nostre necessità. 

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Greenpeace all’attacco di Bitcoin: cosa c’è in ballo

Greenpeace è una delle ONG più conosciute al mondo per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, e anche una delle più forti sui media. Si tratta di un’organizzazione che in molti ricorderanno per l’assalto alle baleniere giapponesi a bordo di gommoni. 

Bene, la nuova baleniera è Bitcoin, colpevole di consumare troppo per il proprio mining, al contrario dei protocolli Proof of Stake [SIC]. Il progetto di lobbying si chiama Change the Code, Not the Climate, denotando così già dalle sue primissime battute l’intento: quello di cambiare il modo in cui funziona Bitcoin, spostandolo verso un sistema di validazione PoS, come se questa fosse un passaggio indolore e neutro. 

Cosa che ovviamente non è, dato che (e avremo modo di approfondire a suo tempo), vera. Un passaggio verso PoS di Bitcoin vorrebbe dire la fine del protocollo come lo conosciamo in termini di sicurezza, resilienza e affidabilità. Temi complessi, sui quali Greenpeace decide di sorvolare aggrappandosi a temi ecologisti che, proprio perché importanti, meriterebbero considerazioni decisamente più serie. 

Quale sarebbe il piano di Greenpeace?

Creare un movimento di opinione che andrà ad “attaccare” gli sviluppatori e gli opinion maker che gravitano intorno a Bitcoin, secondo quanto affermato da chi sta promuovendo il progetto. Ci riusciranno? Noi puntiamo sul no, dato che non è la prima volta che ci sono tentativi di questo genere. Tentativi che non hanno a nostro avviso – e questa è un’opinione forte da parte nostra – come primo obiettivo quello di attaccare la sicurezza di Bitcoin

Nonché la sua indipendenza e inattaccabilità. Di che tipo di operazione si tratta? Le dietrologie non ci piacciono, ma dato quanto è barcollante l’impianto ideologico a supporto di questa operazione, qualche dubbio stra venendo anche a noi.