Il CEO di Robinhood, già personaggio estremamente controverso nel mondo delle criptovalute, entra nel discorso pubblico a favore di Dogecoin, con una discussione che poi ha finito per coinvolgere anche Elon Musk e Jack Dorsey.

Dogecoin può diventare davvero una sorta di valuta internazionale, utilizzata addirittura al posto del dollaro (e anche al posto di un eventuale Bitcoin)? Una posizione decisamente ardita, che ha innescato tutta una serie di polemiche che saranno anch’esse oggetto di questo nostro approfondimento.

dogecoin in netta rivoluzione? Secondo il ceo di Robinhood…

Sono comunque buone notizie per $DOGE, almeno in termini di interesse di gruppi che, nella finanza tradizionale, contano. Possiamo investirci con eTorovai qui per ottenere un conto virtuale gratuito e con il TOP degli STRUMENTI – intermediario che ha sempre listato $DOGE e che ci permette di investirci sopra con strumenti molto avanzati.

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Vlad Tenev punta su Dogecoin: ma quanto c’è di serio e percorribile?

Vlad Tenev, che è CEO di Robinhood, si è espresso un paio di giorni fa proprio su $DOGE, illustrando il suo punto di vista sulla possibilità che questa criptovaluta diventi una sorta di denaro per Internet e per le persone.

Può Dogecoin diventare la futura valuta di Internet e delle persone? Dato che abbiamo aggiunto la possibilità di ricevere e inviare $DOGE tramite Robinhood, mi sono messo a pensare a cosa sarebbe necessario [per raggiungere questo risultato, NDR]

Aggiungendo di seguito le sue intuizioni, che andremo a commentare una per una, anche per vedere quanto di tecnicamente percorribile ci sia effettivamente.

  • Transazioni con commissioni basse

Tenev dichiara di essere già lì – un trasferimento costa di media 0,003$ – e quindi già superiore a quanto viene offerto dalle carte di pagamento, che in diversi luoghi del mondo intascano tra l’1% e il 3%.

  • Block time

Ovvero il tempo di produzione dei blocchi, che secondo Tenev dovrebbe essere veloce a sufficienza da “replicare” l’esperienza di pagamento che abbiamo oggi al POS. Ovvero, sempre secondo Tenev, circa 10 secondi. Non si dovrebbe abbassare ancora di più, per evitare che le chain in competizione diventino troppe. Il block time, aggiungiamo noi, non è però un fattore indipendente. Una sua riduzione sostanziale può sulla carta rendere un network maggiormente scalabile, ma al prezzo di rischi di sicurezza per il sistema di pagamento.

  • Dimensione dei blocchi

E qui si torna su un tema caro a Elon Musk, sul quale almeno a nostro avviso il tycoon di Tesla, questa volta in compagnia del CEO di Robinhood, ha torto.

I blocchi di Dogecoin sono ora da 1MB, e la proposta di Tenev sarebbe di portarli prima a 1GB, poi a 10GB. Si può fare? Tecnicamente sì, ma al prezzo dell’impossibilità per la grande maggioranza delle persone di avere un full node con hardware di costo accessibile.

È una questione trita e ritrita, che innescò a suo tempo le block size wars su Bitcoin e che è stata ampiamente trattata da quasi tutti gli esperti. È una questione di tale importanza che merita probabilmente un approfondimento ulteriore.

Block Size, decentralizzazione e scalabilità

La dimensione dei blocchi è direttamente correlata al numero di transazioni che si possono inserire in un blocco. La soluzione semplice, se il nostro obiettivo dovesse essere quello di aumentare il numero di transazioni al “secondo”. Immaginiamo il blocco come una scatola che può contenere un numero finito di oggetti. Aumentando la grandezza della scatola, saremmo ovviamente in grado di inserire più oggetti.

Lapalissiano, ma con delle conseguenze importanti sulla decentralizzazione di un protocollo. Questo perché con sistemi come quello di Bitcoin o di Dogecoin per avere un full node dovremo avere una copia di tutta la blockchain, appunto la catena di blocchi.

E più è grande il singolo blocco, più si espandono rapidamente le dimensioni della blockchain di riferimento. E questo nel tempo, ammesso che qualcuno voglia davvero iscrivere così tante transazioni nei blocchi (e in blocchi così frequenti), la renderà rapidamente ingestibile per i “piccoli”, ovvero per chi vorrebbe la libertà di avere un suo nodo in casa.

Sì, si tratterebbe di una vera centralizzazione del protocollo, cosa che lo renderebbe, almeno a nostro avviso, in breve tempo qualcosa di non molto diverso dai sistemi di pagamento classici. Un prezzo da pagare per avere più transazioni in meno tempo – e questo lo ammette anche Tenev. E secondo lui ne varrebbe la pena. Secondo noi, e crediamo di essere in buona compagnia, vorrebbe dire diventare praticamente impossibili da distinguere dai sistemi classici gestiti dalle banche.

Quando meno persone hanno la possibilità di far girare un nodo completo, l’affare diventa per pochi, anzi per pochissimi. In particolare se si dovesse effettivamente passare a 10 GB per singolo blocco. Comunque una buona notizia per Dogecoin, perché è comunque oggetto di attenzioni finanziarie. Ma sul fatto che il cammino tracciato da Tenev sia percorribile senza snaturare completamente la natura di $DOGE nutriamo i nostri fondatissimi dubbi.