Cosa può fare la blockchain per i progetti di gaming è sotto gli occhi di tutti, escludendo magari chi proprio non vuol vedere. L’hanno capito a loro (ingenti) spese i gamer impegnati in Diablo Immortals, titolo a firma Blizzard e teatro di una vicenda che va ben oltre il limite del grottesco.

Dal mondo del gaming tradizionale, Blizzard ci offre un magnifico esempio di come NON si imposta un progetto che impegna i giocatori sul piano ludico e finanziario insieme, vanificando in un click tutti loro sforzi. Ancora una gioia mancata per detrattori del comparto e software house restie al P2E on chain, che di questo passo si ritroveranno con i token contati.

Un segnale del fatto che sarà necessario rivedere i paradigmi, almeno per quelle case di produzione di gaming che vogliono entrare nel terreno, minato, del gaming on chain. E con un vantaggio competitivo importante per tutto il comparto che invece è nativo del settore blockchain, sul quale possiamo investire anche con la popolare piattaforma eTorovai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con servizi PREMIUM esclusivi – intermediario che ci permette di investire su tutti i principali token del gaming, in buona presenza all’interno di un listino di 78+ cripto asset.

Con 50$ possiamo passare al conto reale e investire utilizzando degli ottimi strumenti, quali il CopyTrader per copiare il mondo dei trader più bravi, oppure gli Smart Contract per investire in panieri anche dedicati a metaverse e gaming.

Indice pagina

Come NON mischiare denaro e giochi: il caso di Blizzard

Andiamo subito al punto: in Diablo Immortal è fondamentale acquisire quante più eternal orbs possibili. In ballo c’è la sopravvivenza dei personaggi e con essa le speranze di progredire nel gioco. Fin qui, tutto bene. Possiamo raccogliere le sfere nel gioco, ma per andare avanti ne servono molto di più: possiamo acquistarle in-App, come usuale per progetti del genere.

Le grandi case di produzione hanno molto da imparare

Bene anche qui, se non fosse che il loro costo è proibitivo. Che fare? Perdere i progressi (e soldi già spesi per qualche palla in più) o rivolgersi a terze parti che offrono risorse più a buon mercato, violando però termini e condizioni della piattaforma?

All’arduo dilemma la risposta arriva da Blizzard, che anziché dotare il gioco di NFT e risolvere definitivamente il problema, con un colpo di mano unilaterale azzera a tutti gli utenti gli asset acquisiti da terze parti, lasciandoli con un pugno di mosche in mano. O meglio, di vermi, stando a quanto apprendiamo da fonti attendibili. Al posto delle sfere, i gamer si sono ritrovati raccapriccianti quanto inutilizzabili vermi nel portafoglio.

A uno in particolare è andata malissimo: tale Shia si è ritrovato con l’account bloccato a tempo indeterminato. Ossia, fino al saldo del debito che il gamer avrebbe contratto con la piattaforma, acquistando item da terze parti. Si parla di due milioni e mezzo di sfere, che equivalgono a circa 35.000 dollari.

I soldi sono una cosa seria, che siano on chain o no

Anziché punire il venditore abusivo, il deus ex machina se l’è presa con i suoi clienti. Genio, per scomodare Renè Ferretti in Boris. Citazione d’epoca necessaria per portarci indietro di qualche decennio e aprire un parallelo utile alla causa.

Alzi la mano chi non ricorda con lacrime agli occhi (non necessariamente nostalgiche) la scritta Insert Coin, seguita dal countdown di 10 secondi che ti separa dall’ultimo mostro dell’ultimo livello. Il tutto, accompagnato dal furioso ravanare nelle tasche a caccia dell’ultimo conio da 200 lire, che ovviamente non si trovava.

Con l’asset andato in fumo proprio sul più bello, ti ritrovavi a un passo dalla gloria e costretto alla resa. Tornavi a casa più triste di quando i ragazzi più grandi ti prendevano a sberle all’ingresso della sala giochi. O di quando, qualche anno più tardi, arrivavi ad annusarla e stop.

La gloria, s’intende. Quella vana gloria che avrà assaggiato di striscio Shia, gamer alle prese con Diablo Immortal ed eletto a vittima illustre del diabolico (appunto) piano che Blizzard ha goffamente messo in atto nel tentativo di arginare le perdite. Con dinamiche molto anni ’80, e questa volta senza romantica nostalgia ma nel peggior senso che possiamo attribuire alla locuzione.

Con le bestie ormai fuori dal recinto c’è poco da correre ai ripari: alla software house consigliamo piuttosto di ricorrere alla blockchain per risolvere anzitutto i problemi relativi a unicità e proprietà degli item di gioco.

Di benefici ce ne sono: ma per non indispettire i clienti bisognerà cambiare paradigma

Non ci vuole molto, per intuirne i benefici: anche in Microsoft se ne sono accorti, pensa un po’, e seppur timidamente hanno iniziato ad approcciare la filosofia che sta dietro ai progetti P2E. Capitalizzazione, sicurezza, libero mercato: tutti aspetti che fanno gola ai gamer e che stanno alla base del crypto gaming, un settore capace di generare un business miliardario.

I giochi nei quali gli utenti possono guadagnare sono un ambito che fa gola a tutti: dalle aziende di telecomunicazioni ad operatori che nella DeFi rivestono ruoli più istituzionali. Nel gaming ci crede Binance ad esempio, con l’exchange pronto a capitalizzare e lasciare liberi gli utenti di fare altrettanto, seppur con le debite proporzioni.

Potremmo continuare per secoli a citare casi di successo, ma ci piace riassumere in Animoca Brands il concetto di gaming on chain di successo, quello cha fa gola a investitori, utenti e software house. A Blizzard no. A loro piace riempire il portafogli degli utenti di vermi. Fossero stati dei wallet, a quest’ora non si ritroverebbe sbugiardata da utenti e stampa specializzata di mezzo mondo.