Voler saperne di più. Ci sta quando davanti hai un moloch burocratico delle proporzioni dell’Unione Europea. Questa volta sul tavolo però non ci sono gli unhosted wallet, qualunque cosa questa locuzione voglia dire, ma la finanza decentralizzata su Ethereum. Questo il sunto di un progetto pilota per il quale l’UE ha appena diffuso specifiche e richieste.

Un pericolo per la finanza decentralizzata? Non necessariamente. O almeno, prima di preoccuparci sarà il caso di vedere cosa sta cercando la UE, come potrebbe declinarsi, e dato che l’Unione non si è mai fatta notare per rapidità, entro quanto tempo si potranno vedere i frutti.

Un segnale tra le altre cose del fatto che Ethereum, almeno per gli euro-burocrati, è qui per restare. E potremo andare ad investirci anche con eTorovai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con TRADING AUTOMATICO incluso – intermediario che oltre ad Ethereum ha preparato un listino di 78+ cripto asset, scelti tra tutti i migliori asset del comparto.

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L’Europa vuole “spiare” la DeFi di Ethereum: ecco il bando

Di cosa parliamo? Semplice: della necessità per l’Unione Europea di dotarsi di strumenti per analizzare i trasferimenti e i movimenti che avvengono in ambito DeFi e in particolare all’interno della rete di Ethereum, che rimane il network più rilevante all’interno di questo specifico ambito.

Pilota per l’automazione

Un programma pilota, che andrà avanti per un minimo di almeno 24 settimane e che avrà un valore dichiarato di circa 250.000€. Le società interessate dovranno inviare le loro proposte tecnologiche e cercare di battere la concorrenza. Obiettivo? Raccogliere dati in modo automatico e direttamente dalla blockchain, anche allo scopo di valutare le capacità tecnologiche delle quali la UE dovrebbe e potrebbe dotarsi.

Sarà testata la capacità degli enti regolatori di monitorare in modo automatico la compliance leggendo i dati su chain, cosa che potrebbe portare ad una riduzione degli obblighi nei confronti dei partecipanti a mercato di raccogliere, verificare e consegnare dati alle autorità.

In altre parole si cercherebbe di liberare almeno in parte del carico burocratico gli operatori di mercato, operatori che già oggi sono sottoposti a regolamentazioni piuttosto stringenti in tal senso.

Almeno secondo gli obiettivi dichiarati, pertanto, non si tratterebbe di un tentativo di panopticon ma piuttosto di una gestione più intelligente e più articolata, nonché più automatica, della raccolta dati.

Gli altri giudizi si potranno dare se e soltanto se i progetti che verranno accettati saranno effettivamente progetti su questa falsa riga. Non è chiaro inoltre che tipo di garanzie dovranno essere offerte.

L’Unione Europea contro la privacy degli utenti?

Non è questo tipo di attività che deve farci arrivare a questa specifica conclusione. L’Unione Europea ha ovviamente interesse, che poi ci piaccia o meno è un altro discorso, a che le blockchain siano il più possibili trasparenti. I motivi addotti sono sempre gli stessi, ovvero quello del finanziamento del terrorismo, anche se il sospetto legittimo è che le preoccupazioni principali siano di carattere fiscale.

Una situazione che andrà sicuramente monitorata, anche in relazione agli spunti autoritari di BCE in relazione alle valute digitali delle banche centrali. La stretta, per capirci, potrebbe esserci e la riteniamo anche probabile, ma non riteniamo che siano questi i modi in cui si esplicherà.

E a vantaggio di chi invece preferirebbe un po’ più di privacy, ci sono i tempi notoriamente biblici di qualunque attività targata Bruxelles: si comincia lo studio oggi ed è improponibile pensare che entro pochi mesi si possa arrivare alla conclusione della ricerca. Ci vorranno, probabilmente, diversi anni prima di vedere dei risultati concreti su questa specifica situazione. Noi nel frattempo rimarremo alla finestra valutando nello specifico cosa ci sia di buono e di meno o buono in questa iniziativa.