Finché eravamo (quasi da soli) noi a dirlo, ci si poteva anche passare sopra. Ma questa volta a parlare è JP Morgan, banca internazionale di primissima fascia, che sottolinea in uno dei suoi report come il recente crack di FTX abbia in realtà molto poco a che fare con il mondo della finanza decentralizzata.

Sì, come avevamo letto qui e come in pochi (ma buoni) continuano a sostenere in ogni discussione pubblica e non, quanto avvenuto a FTX non c’entra nulla con il comparto che seguiamo ogni giorno qui su Criptovaluta.it, con anzi il mondo della DeFi che ha dato dimostrazione ampia di funzionare senza perdere colpi anche quando ci sono momenti di crisi di questa portata.

Un mondo cripto che prova a raccogliere i cocci e che viene scambiato ai prezzi minimi dell’anno, cosa che per molti potrebbe essere una sorta di occasione, da valutare però insieme ai rischi che questo tipo di mercato implica. Possiamo investire sul mercato con eTorovai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con STRUMENTI AUTOMATICI di trading e molto altro – intermediario che ci permette di investire su 78+ cripto asset e di fare trading con strumenti professionali.

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Anche JP Morgan lo ammette: il fallimento di FTX…

…è questione che sottolinea il fallimento degli scambi centralizzati e non quello della DeFi. Opinione che non è estemporanea ma messa nero su bianco nel report sul mondo cripto che diffonde settimanalmente sul mondo delle mid e small cap del settore bancario.o

Mentre la notizia del collasso di FTX sta rinforzando i cripto-scettici, noi vorremo sottolineare il fatto che tutti i collassi recenti nell’ecosistema cripto abbiano interessato operatori centralizzati e non protocolli decentralizzati.

Qualcosa di assolutamente evidente per tutti coloro i quali hanno seguito da vicino la vicenda e forse meno a chi si è improvvisato pontefice e vaticinatore della catastrofe se non della morte imminente di tutto il comparto, partendo ovviamente da Bitcoin per poi scendere a cascata verso i principali protocolli del comparto altcoin.

JP Morgan ci prova

Non è così, se n’è accorta anche JP Morgan (che pur avrebbe interessi a dire il contrario) e speriamo che anche altri se ne accorgano, in particolare tra quelli che vantano una certa credibilità e si stanno adoperando in queste ore per informare il grande pubblico su quanto accaduto.

La chiamata per la maggiore trasparenza degli exchange

All’interno del medesimo documento c’è anche una chiamata per una regolamentazione del settore, che eviti però di essere eccessivamente stringente e di essere conformata alle preoccupazioni attuali, fortemente ingigantite tanto dai media tanto dai politici che cercano di cavalcare l’onda.

Maggiore trasparenza però secondo JP Morgan che deve essere accompagnata anche da una review ove possibile degli stablecoin e delle loro riserve e da una minore leva utilizzata dagli operatori del settore principali, exchange compresi.

Aggiungiamo noi: sarebbe il caso che gli exchange, ammesso che qualcuno ancora lo faccia, smettano di avere commistioni con società di investimento e hedge fund, che finiscono poi al momento del tracollo per trascinarsi dietro anche la parte di business che dovrebbe essere sempre sana, perché ha in cassa i denari dei clienti.

Si fanno comunque dei passi avanti: qualcuno anche ai piani alti (e più vicini a quelli della politica) sembra aver finalmente capito la questione. Peccato che avrà probabilmente poca eco su quei giornali e quegli hub informativi che raggiungono il grande pubblico.